Problemi durante la gravidanza. Quando recarsi in ospedale?

Diventare mamme è un evento meraviglioso. Tuttavia i nove mesi di gestazione non vengono certo presi alla leggera poiché costituiscono un percorso impegnativo che si affronta con attenzione e talvolta preoccupazione.
Possono infatti insorgere alcune complicazioni.
Problemi durante la gravidanza. Quando recarsi in ospedale?
E’ la domanda a cui cercheremo di dare risposta in questo articolo.

Ogni gravidanza è unica, non ce ne sarà mai una uguale ad un’altra. Anche se si ha già avuto un figlio la gestazione successiva sarà differente.
Ad influire sul suo decorso e sulla sua percezione interagiscono differenti fattori: la maturità e l’esperienza della mamma, il momento storico in cui avviene, la situazione psico-sociale, lo stato di salute materno e le interazioni che feto e placenta hanno con la mamma.
Detto ciò, qualche piccolo suggerimento su quando andare in ospedale può tornare utile a tutte, anche solo come ripasso:

Rottura delle membrane

Tutte noi ci aspettiamo la classica scena da film: all’improvviso ci si trova completamente bagnate e in preda a fortissime contrazioni che portano da lì a poco alla nascita del nostro bambino.

Purtroppo, mi dispiace deludervi, ma non sempre va così, anzi raramente. La tanto attesa “rottura delle acque” può avvenire essenzialmente in due modi: il primo è quello più noto, con la percezione di un piccolo “scoppio” successivamente al quale ci si trova bagnate, come essersi fatte la pipì addosso. Il secondo è meno scenico e spesso viene definito come “rottura alta”, ovvero il sacco amniotico non si rompe nella sua parte inferiore (borsa anteriore delle acque), bensì nella parte più alta. Questo comporta una perdita di liquido meno evidente. Il modo più semplice per riconoscerla è posizionare un assorbente e verificare se questo si inzuppa. Se il sacco è rotto si verificherà una perdita di liquido come uno stillicidio (goccia a goccia).

Attenzione a non confondere la perdita di muco con la perdita di liquido: il muco si presenta più consistente e filamentoso, mentre il liquido è proprio come l’acqua!

In caso di rottura delle membrane è bene controllare l’ora (sicuramente in ospedale ve la chiederanno) e verificare il colore del liquido amniotico (trasparente-giallino, tendente al verde, verde con frustoli più solidi sul verde-marrone). Fatto ciò si carica la valigia in macchina e si procede verso il pronto soccorso dell’ospedale che abbiamo scelto per partorire.

In tutto questo tranquillizzate i mariti/compagni, spiegate loro che rottura del sacco non vuol dire parto imminente.
A tal proposito è bene che chi vi accompagna abbia la coscienza di rispettare il codice della strada: NON CORRETE! Mettereste solo in pericolo la vostra vita e quella del nascituro. Per lo stesso motivo, non è utile in questo caso chiamare il 118 per il trasporto in ambulanza.

Per quanto riguarda le contrazioni queste possono comparire come no. Sicuramente la rottura del sacco può contribuire all’inizio dell’attività contrattile, ma non ne è sempre il determinante.

NB. Non è vero che la rottura del sacco precede il travaglio. Molte volte le membrane si rompono a travaglio inoltrato.

A proposito di secrezioni e perdite vorrei spendere un paio di parole sul famoso tappo mucoso: si tratta di muco raccolto a livello cervicale (del collo dell’utero) e può uscire dalla vagina e presentarsi come un accumulo più denso del solito muco vaginale. Questo non è segno di inizio travaglio o di parto imminente, infatti la perdita del tappo mucoso può avvenire anche diversi giorni prima del parto: non è necessario recarsi in ospedale.

Perdite ematiche

Una perdita di sangue può avere diversi significati in gravidanza e dipendere da fattori differenti.
Una perdita di tipo spotting (scarsa e tendente al rosso scuro- marrone), nelle primissime settimane di gravidanza, può essere dovuta all’impianto in utero del futuro embrione. In caso di dolore o di dubbi sull’entità delle perdite si può consultare il proprio ginecologo prima di decidere di recarsi al pronto soccorso.

Lo spotting si può presentare anche nel corso della gravidanza e più frequentemente verso il termine. Questo perché il collo dell’utero inizia ad ammorbidirsi e quindi a diventare più fragile. Se ci si fa caso, molte volte queste “perditine” sono conseguenti ad un traumatismo della cervice (visita ginecologica, ecografia transvaginale, rapporto sessuale, preliminari, ecc.) avvenuto nelle due giornate precedenti. Il sangue si presenta scarso e scuro perché semi-coagulato, come se fosse “vecchio”.

Se la perdita si presenta come una mestruazione, quindi non scarsa e rosso vivo, solitamente non è un buon segno. Quando si verifica prima della 23^ s.g. e più comunemente entro le 12 s.g., può indicare un aborto in corso, ed è quindi necessario il controllo ecografico. Spesso il sanguinamento è associato anche a crampi addominali o dolori che ricordano il ciclo mestruale. Ricordate però che non in tutti i casi di aborto è presente una perdita ematica.

Anche in un’epoca gestazionale più avanzata una perdita di sangue rosso vivo abbondante non è mai da sottovalutare. Essa potrebbe essere la conseguenza di un distacco di placenta.
Il distacco di placenta massivo (totale) è un avvento avverso e tragico. Fortunatamente non sempre è completo, può essere parziale. Si tratta di una emergenza medica che mette a rischio sia la vita della madre che quella del nascituro, quindi è necessario chiamare immediatamente il 118 e recarsi al pronto soccorso ostetrico. Lì l’equipe medica valuterà l’entità del problema e deciderà come procedere.

Durante il travaglio o i prodromi di travaglio si possono presentare delle perdite di muco striate di sangue rosso vivo. In questo caso la perdita può essere segno di una modificazione cervicale e quindi di un avanzamento o avvicinamento del travaglio.

Ridotti movimenti fetali

Una riduzione dei movimenti del vostro bambino a termine di gravidanza è una cosa normale. Infatti, la sua crescita continua, e lui si ritrova in un utero che inizia a “stargli stretto”. Nella giornata devono essere percepiti almeno 10 movimenti attivi fetali.
Questo non significa che dovrete passare le vostre giornate a contare ogni singolo colpetto e, una volta arrivati a 10, considerare la situazione come “archiviabile”.
Nel corso delle settimane di gravidanza imparerete a conoscere i movimenti del feto, i quali possono essere passivi o attivi, dovuti al trasporto da parte del liquido amniotico o veri e propri pugni, calci e stiramenti. Ogni bambino in utero ha abitudini differenti: c’è chi è più sveglio di notte, chi di giorno; quando la mamma è seduta, in piedi oppure distesa. Tutto questo diventa essenziale per una futura mamma per valutare al meglio lo stato di attività del proprio bambino: ci si deve mettere in allerta quando il feto pare aver cambiato abitudine, ovvero non si percepiscono azioni nelle situazioni a lui più favorevoli.

Quando si sta facendo qualcosa che ci distrae può capitare di percepire una riduzione dei movimenti, o non avvertirli proprio. In questo caso torna utile mettersi quiete e prestare attenzione al proprio bambino, magari mangiando o bevendo qualcosa di dolce come una caramella o del thè zuccherato (diabete gestazionale permettendo). Qualora siate a casa, o ne avete la possibilità, può aiutare anche distendersi sul fianco sinistro o fare ciò che sapete far “riattivare” il vostro bambino.

Se avete dubbi sui movimenti cercate di concentrarvi solo su quelli attivi, non sugli spostamenti che avvertite all’interno del vostro grembo.
Quando il comportamento del vostro bambino non vi convince, non siete certe di quello che sentite, o avete il dubbio, consultate il vostro medico e/o recatevi in pronto soccorso dove verrà fatta un’ecografia di controllo e monitorizzato il battito cardiaco fetale.

Contrazioni

Arrivati alla fine della gravidanza, ogni giorno sogniamo il momento in cui conosceremo il nostro bambino, immaginiamo come sarà il travaglio, aspettiamo che arrivino le tanto temute contrazioni.

Come fare a capire che effettivamente è arrivato il momento giusto per recarsi in ospedale?

Chi ha già partorito potrà ricordarsi che le contrazioni non iniziano subito dolorosissime, ma hanno un crescendo che può durare da alcune ore fino a qualche giorno (nei casi più sfortunati).
L’inizio dei dolori non corrisponde con l’inizio del travaglio, per cui non ci si deve recare in pronto soccorso ai primi mali.

L’evento parto si divide in fasi:

Fase prodromica: primi dolori che partono come simil mestruali e arrivano ad interessare principalmente la zona anteriore del basso ventre; la loro intensità può aumentare. Le dolenzie possono durare più ore e persistere fino a qualche giorno se assumono un carattere di intermittenza: in questi casi si verificano lunghi momenti (ore) di pausa. Durante la fase prodromica le contrazioni non sono regolari, né come durata, né come intensità. Questo stadio ha un ruolo preparatorio: le contrazioni iniziano ad agire sul collo dell’utero che comincia a modificarsi in vista del travaglio vero e proprio.

Periodo dilatante: una volta che la cervice si è portata in avanti fino a “guardare” l’ingresso vaginale e si è raccorciata diventando sottile, ha inizio il periodo dilatante. E’ in questo momento che avviene l’apertura del collo dell’utero, fino a raggiungere i fatidici 10 cm (dilatazione completa).

Quando si può parlare di travaglio?
Il travaglio attivo inizia quando sia hanno contrazioni regolari, circa una ogni 1-2 minuti, di forte intensità e che solitamente coinvolgono la zona della cintura, quindi sono percepite sia anteriormente che a livello lombare; è inoltre necessaria una dilatazione di circa 3-4cm.

  • Periodo espulsivo: inizia quando, raggiunta la dilatazione completa, la donna avverte un premito irrefrenabile, ovvero la necessità di spingere (stimolo che può ricordare il bisogno di andare di corpo). È il tratto finale della nostra “corsa”, infatti si conclude con la nascita del bambino.
  • Secondamento: avviene dopo il parto. Si presentano delle contrazioni percepite come meno dolorose rispetto a quelle precedenti, che permettono il distacco e la fuoriuscita della placenta (organo che per tutta la gravidanza si è occupato del sostentamento del feto, sia come nutrizione che come scambi respiratori). Il mancato secondamento è un’emergenza chirurgica.

Quando siamo a casa e iniziano le contrazioni non dobbiamo farci prendere dal panico, anzi dobbiamo cominciare a cullare il nostro corpo, regolare il respiro, assecondare il dolore con movimenti antalgici.
Provare differenti posizioni può aiutare ad affrontare meglio i primi dolori e la fase iniziale. Per aiutarci possiamo utilizzare cuscini e palle: sedersi su un cuscino, metterlo tra le gambe mentre si sta distese sul fianco, o ancora posizionarne uno aggiuntivo sotto la pancia in modo che funga da sostegno può aiutare a controllare il dolore. Sedersi sopra la palla gigante da ginnastica aiuta invece a scaricare la tensione e a rilassare i muscoli perineali.

Quando le contrazioni cominciano a farsi più dolorose, ma ancora non regolari, efficacie può essere una doccia: non ha lo scopo di lavarsi ma quello di rilassarsi, infatti non deve durare meno di 30 minuti. Mettersi in doccia, magari con uno sgabellino in modo da potersi sedere in caso di stanchezza alle gambe, aiuta perché spostando il doccino sulle zone più dolorose permettiamo al calore di coccolarci e all’acqua di penetrare, fino a rilassarci.
Attenzione: il dolore delle contrazioni può distrarre il nostro corpo dalla percezione del dolore da acqua calda, per cui abbiate l’accortezza di controllare ogni tanto la temperatura o di farla controllare dal vostro partner. In alternativa alla doccia si può fare anche un bagno caldo, ma mi raccomando, sempre e solo se avete qualcuno che vi possa aiutare ad entrare e uscire dalla vasca: si sa che l’ingombro della pancia alle volte può renderci un po’ più goffe e meno fluide nei movimenti.

Con la doccia o il bagno caldo possono verificarsi due eventualità: la prima è una diradazione delle contrazioni, questo significa che i dolori erano quelli di un falso travaglio; nell’altro caso le contrazioni si mantengano e assumono una maggior regolarità, questo vuol dire che sicuramente qualcosa si sta mettendo in moto.

Contrazioni ogni 5 minuti per un paio d’ore ci dicono che è arrivato il momento giusto per andare in ospedale. In questa fase si possono presentare delle perdite di muco striato di sangue, segno che la dilatazione e modificazione del collo dell’utero sta procedendo.

Tutti questi suggerimenti sono attuabili se non si presenta la rottura delle membrane. In quel caso ci si reca immediatamente in ospedale per le valutazioni del liquido, del benessere fetale e del tampone vagino-rettale effettuato durante le ultime settimane.

Queste indicazioni non impediscono che, in caso di dubbio e insicurezza, ci si rechi in ospedale alle prime contrazioni: ricordate che ogni gravidanza è a sé e uniche sono le percezioni della donna. Ci sono travagli che durano meno e altri che durano di più, quindi non sentitevi sbagliate o sciocche a prendervi per tempo.

Un’annotazione per chi ha già partorito: nelle gravidanze successive alla prima tutte queste fasi e le tempistiche possono essere ridotte, anche notevolmente, poiché il nostro corpo porta memoria di quello che è stato il parto e delle sue dinamiche. L’indicazione delle 2 ore con le contrazioni regolari, in questo caso, può non essere valida, in quanto il travaglio potrebbe presentarsi e procedere con maggior velocità.

Alterazioni dello stato di salute materno

Ricordiamoci che fino a che il feto si trova in grembo, la sua sussistenza dipende principalmente da un’importante interazione materno-placentare. Questo significa che una problematica materna può incidere notevolmente sulla condizione fetale. Sotto riportiamo alcune situazioni (non tutte), tra le più comuni, che possono accendere un campanello d’allarme alla mamma e per cui vale la pena fare degli accertamenti.

  • Ipertensione gestazionale: non è una situazione fisiologica, per cui non è da sottovalutare. Si parla di ipertensione gestazionale quando si hanno valori pressori maggiori o uguali a 140/90 mmHg, che si verificano dopo la 20^s.g. In caso di valore alterato, prima di andare in pronto soccorso, è bene mettersi calme, possibilmente distese sul fianco sinistro e rimisurare la pressione a distanza di almeno un’ora. Se i valori pressori rimangono inalterati, allora è bene consultare il proprio medico o recarsi in ospedale.
  • Scottomi: visus alterato, ovvero visione di lucine o macchie. Controllare la pressione e consultare il medico se riscontrate valori pressori maggiori o uguali a 140/90 mmHg.
  • Dolore a barra a livello epigastrico: percezione dolorosa all’altezza dello stomaco che si estende in orizzontale, a barra. E’ necessario controllare la pressione e consultare il medico se i valori pressori sono maggiori o uguali a 140/90 mmHg.
  • Prurito diffuso: con il crescere della pancia possono presentarsi sensazioni pruriginose dovute allo stiramento della pelle. Per ridurre il disturbo può aiutare l’applicazione di creme che rinforzano l’elasticità cutanea. Se il prurito si presenta non solo a livello addominale, ma interessa più zone corporee e colpisce anche mani e palmi, consultare il medico.
  • Dolore addominale: il dolore addominale può essere dovuto da differenti fattori e ogni caso deve essere valutato in maniera oggettiva e singolare. In caso di dolore persistente, intenso e non intermittente (≠ contrazione a termine di gravidanza) consultare il medico e/o recarsi in pronto soccorso.

Benedetta Mozzi

Laurea in Ostetricia, abilitante alla professione di ostetrica nel 2016. Dipendente presso il nuovo Ospedale di Prato Santo Stefano. Ha lavorato presso la Casa di Cura di Abano Terme (PD) e presso il Policlinico San Giorgio di Pordenone. Esperienza umanitaria come ostetrica della Croce Rossa Italiana presso i campi profughi in Bangladesh. Volontaria della Croce Rossa Italiana dal 2010.

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